Da diversi mesi in Italia (non così in diversi ‘altrove’) la scena politica e ‘social impegnata’, di sponda con il martellare massmediatico sul CV-19, vede “minimalisti” e “allarmisti” accapigliarsi su contagiati, morti, tamponi e mascherine. Con poche eccezioni, saccenza e derisione reciproca la fanno da padrone nei due campi, con una condivisa propensione fideistica.
È un fatto che, al di là delle diversità di assetti politico-economici e d’interessi, molti Stati (dall’Italia alla Germania, dalla Francia alla Grecia, dagli Stati Uniti alla Cina, dall’Iran a Cuba, dalla Russia all’India, ecc.), alle prese con il CV-19 e con ripercussioni negative non scontatamente sotto controllo, esprimano modalità contrastive sanitarie simili nell’affrontare la pandemia. Se questo indebolisce fortemente l’idea di un disegno pandemico studiato a tavolino, lascia aperta l’analisi sulle differenti modalità di intervento politico e le relative implicazioni. Badando qui all’Italia e all’essenziale, ci sembra che i due ‘partiti’ (gli ‘allarmisti’ al potere e i ‘minimalisti’ contro) non solo si ‘legittimino’ reciprocamente (ben più di quanto appaia) ma convergano su posizioni (differenti) di fattiva stabilizzazione sistemica, fortemente contrastive con le ragioni della lotta di liberazione in questo Paese.
Gli ‘allarmisti’ (al potere) si servono del virus e dell’emergenza sanitaria per creare una grandiosa immagine di sé, presentarsi come salvatori della vita e difensori della salute dei cittadini, e allo stesso tempo sviare dai nodi che il CV-19 ha disvelato: smantellamento della sanità pubblica, mercificazione delle cure e dei sistemi di protezione sanitaria, inadeguatezza del trasporto sempre più privato e sempre meno pubblico su cui si viaggia ammassati, sfaldamento (di lunga data) della scuola pubblica, abbandono delle piccole imprese e dei lavoratori, devastazioni economicosociali della globalizzazione, export unico obiettivo con una domanda interna abbandonata a sé stessa, ruolo nefasto dell’Unione Europea, mancanza di una banca centrale nazionale, ecc. Allo stesso tempo si affinano strategie più pervasive di controllo, che all’occorrenza potrebbero essere utilizzate per reprimere moti sociali che emergessero dall’aggravarsi della crisi sociale ed economica preesistente da tempo alla pandemia, e si accelerano processi di ristrutturazione sistemica e di funzionamento del grande capitale, anch’essi in essere da molto tempo (lavoro domiciliare, scuola e amministrazione digitalizzata, ecc.) unitamente ai vantaggi di interessi sezionali (case farmaceutiche, ad es.) in un intreccio tra affari e (geo)politica. Il tutto sull’aspettativa messianica degli ‘aiuti’ (in gran parte prestiti, peraltro condizionati e aggravanti il Patto di Stabilità euro-unionista cui l’Italia è soggetta) il cui ammontare, alla luce delle retromarce e dei contrasti che stanno emergendo in sede di Consiglio Europeo, potrebbero risultare ancor meno di quanto già sia o addirittura non arrivare affatto.
I ‘minimalisti’, che per lo più negano la gravità del virus, paradossalmente convergono con i primi nello sviamento dei ‘nodi’ di cui sopra. Anziché intervenire sui tanti nervi lasciati scoperti e disvelati dal CV-19, proiettano la critica a scenari apocalittici contro potenti indistinti. Paradossalmente temono le conseguenze economiche lamentando le ripercussioni in termini di mancata produttività e di disoccupazione, e mostrano di essere figli della stessa ‘cultura’ neoliberale che, su scala globale, ha prodotto sconquassi culturali, economici, sociali enormi. L’impasto di cui è fatta certa supposta ‘critica anti-sistemica’ vede il prevalere di un misto di ribellismo individualistico anarcoide e anti-statalista, che lamenta il ‘lockdown’ quale operazione di voluta implosione delle economie (una sorta di paradossale ‘suicidio’ degli interessi del grande capitale) reclamando la ripresa quanto prima e a pieno regime delle dinamiche della produzione. Le innumerevoli argomentazioni che a buon diritto potrebbero essere utilizzate per criticare l’operato del governo vengono così sacrificate sull’altare della paranoia dei ‘poteri occulti’.
Così il ‘malessere’ nel Paese, che da anni cerca una ‘offerta’ politica sinora manifestatasi in modo inadeguato, rischia di essere incanalato sull’ennesimo binario morto, convogliando e parcheggiando energie ben altrimenti orientabili.
Indipendenza
(n. 49 – settembre/ottobre 2020)